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….. Ma non sapevo che il più grande cambiamento doveva ancora essere messo  in atto...


Ricominciare sempre, ricominciare di nuovo. Ogni volta che nella mia vita è arrivato il fatidico momento nero è stato per me importante ricominciare  sempre,  perchè la vita si sa, non fa sconti.
Così scrivevo nel primo  racconto del mio blog nel luglio del 2018.
Allora ero convinta che per ricominciare una vita e cambiare il modo di affrontarla fossero necessari la fine di un amore, un nuovo lavoro, trasferirsi  in un’altra città, incontrare nuove persone.
Ma non sapevo che il più grande cambiamento doveva ancora essere messo  in atto.


Un giorno la vita mi presentò la malattia. Arrivò con poco preavviso, in un giorno di festa e con una certa fretta.
La malattia, che mi conosceva bene, mi disse: " Hai sempre detto di essere una donna con la valigia. Ecco prendi quella valigia: fai attenzione a non riempirla troppo. Il viaggio sarà lungo e faticoso e i pesi superflui insopportabili. Non ti serviranno vestiti, scarpe o trucchi. Riempila di pazienza, voglia di vivere, paura, forza e volontà. E tanto tanto amore che pesa poco". E fu così che intrapresi il mio lungo cammino per un sentiero ignoto, quello di combattere per la vita.
Ho visto per molti giorni il buio profondo.
La malattia mi stava mettendo alla prova. Mi chiedeva quanto davvero amassi la vita e tutto ciò che la rappresentava.

Oscillavo in piedi davanti al baratro. La malattia mi disse nuovamente: “ Fai attenzione, se ti sporgi troppo cadrai. Mantieni un equilibrio. Sarà precario ma ci potrai riuscire. La forza sta dentro di te".  
Un peso enorme si era appoggiato sulla mia testa e io non ascoltai quel consiglio. Cominciai a dirmi che era troppo presto per andarmene, che avevo ancora troppe cose da fare, da scrivere, viaggi da intraprendere. E che non era giusto.
Non era la mia sofferenza a farmi stare male ma quella che ingiustamente avrei inflitto ai miei figli, troppo piccoli per assistere al declino di una vita.
Cosa avrebbero fatto senza di me? Un giorno mi resi conto che ognuno ha il suo destino. Se gli  fosse toccato quello ingrato di perdermi sarebbero emerse le loro risorse interiori.  Perché su questo ne sono certa;  ancora prima di nascere si ha un percorso scritto e al momento di venire al mondo, insieme al primo vagito con l'aria che irrompe e riempie i polmoni, portiamo le risorse che  ci permetteranno di crescere e affrontare le difficoltà.
Ma rimaneva il fatto che era troppo presto.
Arrivai al punto di pensare che mia madre, che se ne era andata da poco dalla vita terrena, mi volesse a lei per suggellare quell'amore tra madre e figlia che ci aveva tenute insieme.
Arrivai a essere arrabbiata con lei. Pensai che il suo amore egoista non mi volesse lasciare libera. Ma poteva davvero condizionare gli eventi?
un giorno mi resi conto che stavo vaneggiando e che non stavo ascoltando i consigli della malattia.
L'amore di una madre può solo aiutarti ad andare avanti. Bisognava solo volerlo e sperare che il buon Dio decidesse per altre strade.
La malattia ancora una volta mi domandò: " Perché non pensi a cosa ti ha condotto fino a qua? Perché sei stata sorda ai messaggi che  mandavo? Il nostro incontro forse poteva essere evitato".
Gli risposi " Non ti avrei mai conosciuto. Prendiamoci per mano e aiutami a trovare la retta via".  "Sono sicura che dietro alla tua velata tristezza e un po' di crudeltà ci sia del buono. Abbiamo bisogno dell’aiuto una dell’altra. Possiamo dimostrare che si può trovare il bello in ogni situazione'.

Fu l’inizio di un nuovo rapporto. Le sue domande aspettavano risposte.
Le dissi: “ Sono stata cieca per lunghi anni. Non avevo tempo per fare ciò che volevo, facevo solo ciò che dovevo e che era meglio per gli altri. Ho cercato negli altri la protezione che non avevo avuto dalla famiglia. Cercavo un padre che se ne era andato troppo presto e aveva lasciato un vuoto enorme e un mare di responsabilità. Volevo dimostrare di farcela sempre, e ho dovuto imparare ad avere il controllo di ogni situazione e per un certo verso della vita di chi mi circondava.
Ho sempre pensato che godendo di buona salute sarei approdata a tutti i porti dopo aver navigato in mari tempestosi.
MI sono spinta fino al punto di non chiedermi più cosa fosse importante per me.
Ero sola in mezzo a tanta gente.
Lentamente cresceva in me la consapevolezza che le cose mi stavano strette.
Sei arrivata tu un giorno e mi hai chiesto di guardarmi dentro.
”Ti feci una domanda” disse la malattia: “ Vuoi guarire? Allora cambia”.
Mi accorsi che parevo più di passaggio in questa vita, non mi emozionavo più davanti a un tramonto, a una luna piena, a un giardino fiorito, a guardare, seduta davanti alle finestre nelle Highlands scozzesi  un fiordo con il passare del suo
paesaggio dell'alta alla bassa marea.
Non ho mai visto i fuochi d’artificio sul mare o meglio non li ho mai visti da vicino.
Non ho mai visto l’esplosione di colori che si specchiano sul mare, e il mare  non l’ho mai visto dipingere di rosso, di oro e d'argento. I fuochi li ho sempre visti da distante, appesi nel cielo nero della notte, a disegnare palme, fiori, strane forme di tutti i colori. Poi li ho sempre visti scendere e svanire nel nulla. Un composto di chimica e fisica.
E’ una delle tante cose che non ho mai fatto nella vita  così semplicemente.
Perché anche per vedere i fuochi pirotecnici da vicino ci vuole coraggio, coraggio di dire “ Io li voglio vedere dalla spiaggia, non mi interessa quanta gente ci sia, non mi interessa se dovrò camminare a lungo, non mi interessa se si farà ora tarda. Io lo voglio e basta”.
Ci vuole determinazione, bisogna imparare a dire di no al momento opportuno.
Ho celato per anni il mio spirito libero. Non lo faccio volutamente. Nei rapporti in genere tendo a essere accomodante, a trovare soluzioni ai problemi, a controllare tutto e tutti fino a quando “il vaso di Pandora” contenente tutti i miei sacrifici, le mie rinunce si riversa di ogni cosa, lasciando dietro di sé un rumore assordante. Quello del mio “io” che urla.
Ho fatto il bagno nel mare di notte. Non ho avuto paura del buio, non delle tenebre della notte.
Il buio di cui bisogna aver paura è quello della propria mente, del non veder una via di uscita o forse non averne. Il buio della solitudine in mezzo al mondo.
Oggi ho parlato a lungo con la malattia. Mi ha detto: “ Non so ancora se me ne andrò, per il momento veglio da distante.”. “ Preferisco così” ho risposto  “ Temo che tu te ne vada per tornare più arrabbiata di prima. Dammi il tempo di dimostrare che ho imparato e sto facendo un buon lavoro”.
Sono passate le stagioni: l'estate, l’inverno ed è giunta la primavera. Mattine in cui era difficile anche solo alzarsi dal letto.
La forza mi veniva da dentro e dalle anime belle incontrate lungo la via. Ho conosciuto uomini e donne che mi hanno sostenuto con parole semplici. Mi hanno ascoltato o consigliato.
Ho letto in un libro che quando veniamo al mondo portiamo dentro di noi un gioiello prezioso: la nostra essenza.
Sto insegnando ai miei figli di non abbandonare mai il loro gioiello, di non permettere  alle loro paure, al pensiero di essere giudicati, esclusi, e non capiti di dimenticare cosa è bello per loro. Devono continuare a coltivarlo, mostrandolo in pubblico. Sarà importante non perdere mai la speranza ed è meglio un sogno andato a male che uno mai realizzato.
Voglio insegnare loro che le delusioni non devono farci paura. Fanno parte della vita. Bisogna essere fieri di superarle.
Dovranno ricordarsi sempre di brillare ma di luce proprie e di non affidare la felicità nelle mani degli altri.
Siamo ciò che vogliamo, non dobbiamo mai dimenticarlo.

MI specchio, di fronte ho quella ragazza che non sono mai potuta essere. Le devo delle scuse.
Che donna sono diventata? Quella dei sogni infranti? O quella che vuole rispettare i suoi spazi, il bisogno di vivere?
Guardo nuovamente nello specchio e alla donna che vedo auguro di volare con le sue ali, di salire su una nuvola e poi ricadere sì ma con il paracadute.
Alzo lo sguardo al cielo, riporto i miei occhi su di lei, sorrido e dico" Buongiorno a te e a tutti i tuoi sogni".


IL MONDO DI VIVI

 

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