"...tutti si aspettano che se sei una donna e vuoi fare le stesse cose di un uomo, tu le debba fare meglio e con più fatica, ma all’indietro e sui tacchi”


Vi faccio una domanda. Cosa significa essere donna nel 2020?
In quant* di voi hanno una risposta pronta?
Essere donna nel 2020 può voler dire tante cose, essere una donna autonoma, indipendente, che può far sentire la sua voce, che lavora ( e molte più ore di un uomo), che può diventare madre oltre i 40 anni.
Sapete come la penso?


Che non è cambiato nulla rispetto a 30, 40 anni fa o anche più.
Siamo autonome si ma quando arrivano i figli siamo le prime a rinunciare alle nostre aspettative, alle nostre libertà, a noi stesse.
Siamo indipendenti certo ma lavorando in ufficio, in fabbrica, in ospedale ecc per poi poter tornare a casa ad occuparsi della casa, dei figli, della spesa. Siamo talmente indipendenti che alla sera, talmente stanche,  difficilmente ci verrà voglia di uscire con le amiche.
Per non parlare del fatto che se decidiamo di fare un week end con le amiche o partecipare ad un corso l'organizzazione per la riuscita dell'evento è al pari di un viaggio nella città più remota del mondo.
Possiamo far sentire la nostra voce finché qualcuno non alza la sua e ci invita pure a prendere la porta, può succedere in ogni ambiente e in diverse situazioni.
Possiamo diventare madri da "vecchie" certo, ma benché la gioia di abbracciare i figli e crescerli sia una gioia immensa, ogni giorno si  fa a pugni con la stanchezza, con le preoccupazioni di noi mamme adulte, del nostro modo di educare i figli alla vecchia maniera, dove non si dice sempre ciao a tutti ma buongiorno e buonasera. Dove si sta seduti a tavola finché tutti non hanno finito, dove non sempre te lo devo spiegare ma a volte non c'è un perché a un "no".
Bisogna provare ad allattare due gemelli per 2 anni e 4 mesi! ne vado fiera per me e per loro ma è stato un enorme impegno e fatica fisica.
Siamo multitasking e taac siamo state fregate.
Siamo passatemi il termine multiseme!!!!
Lavorativamente parlando è un disastro.
Premesso che non sono una femminista e probabilmente non conosco bene neanche il significato della parola, ma quante donne in carriera conoscete? Tra le vostre amiche? Abbassiamo il tiro: conoscenti?
Nel libro “Morgana “ di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri (uno dei più bei libri che io abbia letto in questi ultimi anni) viene ribaltata “ la sindrome di Ginger Rogers”, ma nella realtà “è quella per cui tutti si aspettano che se sei una donna e vuoi fare le stesse cose di un uomo, tu le debba fare meglio e con più fatica, ma all’indietro e sui tacchi.”
Per essere considerate al pari degli uomini dobbiamo sempre dimostrare di essere più brave, più precise,  più stanche ma silenziosamente sofferenti. Le donne di questo libro sono diverse, non sono scese a compromessi facendone spesso le spese per il loro modo di vivere.
Torniamo a noi e parliamo di livelli retributivi, è un dato di fatto che le donne in media abbiano stipendi più bassi di quelli dei colleghi maschi.
Il carico della famiglia va ad incidere negativamente sulla carriera, le gravidanze sono viste come un intoppo, il rientro è sempre un'incognita. Quando ti va bene non trovi più la tua scrivania, alla peggio neanche il posto.

 

Ho avuto i gemelli a 45 anni, sono la cosa più bella al mondo e sono arrivati dopo tanto tempo, tanta sofferenza e lacrime. Le cose purtroppo vanno sempre come devono andare e spesso non nel migliore dei modi; si dice che un dolore o un evento luttuoso non è stato elaborato finché non si riesce a parlarne. Ecco io non riesco!
Detto questo la nascita dei piccoli ha determinato le mie scelte lavorative.
Non volevo assolutamente affidarli tutta la giornata ad una tata o ad un nido o scuola materna a tempo pieno.
Avevo un buon lavoro, il mio ruolo era centrale all'interno dello studio anche se con molte responsabilità.
Mi dava tante gratificazione e tanti grattacapi e di contro un ottimo stipendio. Certamente molto impegnativo anche in termini di orario e questo è stato il primo problema.
Al mio rientro ( i twins avevano solo 5 mesi e mezzo), le cose erano cambiate. Giustamente il lavoro deve andare avanti e un'azienda cerca sinergie diverse per farlo.
Il mio ruolo insomma non c'era più, dovevo scendere a compromessi che per una come me non erano plausibili.
È così lo ricordo come se fosse ora, con le lacrime agli occhi ho detto al mio capo che il mio tempo lì era finito e mi sono ritirata.
Volete sapere se me ne sono pentita: si!
Così come 25 anni fa non accettai il trasferimento nella sede di Milano nell'azienda in cui lavoravo, sempre perché alcuni problemi familiari non mi permettevano di andare distante.
Non male vero?
Poi ci sono quelle che ci sono riuscite. Qualche esempio: se seguite i social, Veronica Benini in arte la Spora, l’Estetista Cinica, Chiara Ferragni; in politica Emma Bonino o Giorgia Meloni, imprenditrici come Emma Marcegaglia o Massimiliana Landini Aleotti.
Ad alcune di noi basterebbe molto meno della strada che hanno fatto queste donne!
Questa invece è la mia storia, questa credo la storia di molte donne. Ora volete raccontarmi la vostra?
Scrivetemi, scrivetemi in tante e spero che tra le vostre storie ci siano coloro che mi possono dire il contrario. Voglio sentirmi dire che sbaglio e non è così, che avete mariti esemplari sempre attenti e disponibili, che rifare i letti non è un mestiere da donne,  che i vostri lavori vi soddisfano, che non dovete rinunciare a nulla, che a differenza delle vostre mamme e delle vostre nonne la vita è cambiata!
Sarà… ma non credo….




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